giovedì 22 dicembre 2016

SEGNALAZIONE: Storia di un alito di puzzola



TITOLO: Storia di un alito di puzzola

AUTORE: Vincenzo Calò

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SINOSSI


Accozziamo con orrori indefiniti, con ciò che siamo, da sistemare a costo di ravvivare prese in giro (peraltro infinitamente premature).
Una regolamentazione che si lasci rispettare è un mosaico offuscato denotando il peso delle ambizioni, e si grida per propria fede o si prega a casaccio, in silenzio.
Succede quindi che, affiancando una persona per divenire grandi e decorosi nei confronti delle umane avversità, ci si muova dentro l’affermazione, più che appurabile e dunque oramai scontata, di un giallo qual è il bisogno di emozionarsi, sotto la volta celeste che, facente capo a qualsiasi timore che c’impigrisce, ci lega alle richieste di commiserazione.
Probabilmente si vuol rivolgere l’attenzione a un divertimento condizionabile dal bene come dal male, ridestando dell’ottimismo quando non ci si capacita della libertà dei sensi sprigionabile in tenera età; rilanciando una spigolosità di tipo passionale, che avvertiamo fortemente nelle tempie, senza stordire alcun essere umano che tende la mano conscio delle sue debolezze.
Ci stiamo circondando di soggetti perdenti avendo generato una civiltà proibitiva, d’acquisire abusivamente, assolutamente, dando il là al disprezzo di coloro che ci devono far ridere, per niente professionali sull’orlo del precariato; fino a scomparire negli appariscenti riferimenti.
Il mutismo sancito dagl’ideali chissà se ci stimola per apprendere che le ristrettezze in fondo non sono degli spauracchi, che persistono le possibilità per individuare la diversità tra l’euforia e il buonsenso.
Causa una forma di concretezza (la rima con sciocchezza vien da sé), stiamo uniti, seppur manchi un progetto che sblocchi e centralizzi i meritevoli di sentimento, provati fin troppo da dettami modali.
Si assiste al materialismo di un destino facile da calcolare, si è soli nel tentare di rispondere a una domanda formativa, soffocati dalla retorica istituzionale, alla maniera degl’irrilevanti saggi come dei viziati misuratori di occasioni che non tornano indietro, sensibili ai riverberi atmosferici nel corso di una vulnerabilità distruttiva per le volontà che dichiariamo serenamente.
Consumando una commozione che puzza di latte estraibile da rassegnate bestie, veniamo a conoscenza dei piaceri popolari; si è lesti a perdonare, a dimostrazione di una degustazione inqualificabile, essendo stati abili a spremere cuori per un vuoto di memoria che rischia di sapere di perenne, nei ritagli di una libertà che sortisce dipendenza a riprova delle conferme che diamo.
Il linguaggio universale alla moviola s’inasprisce, e noi stiamo solo ad osservarlo col favoritismo inculcabile al più vicino domani, prevenendo eccessivamente gli accoppiamenti tra ipotesi di successo e sunti realistici, che si atteggiano, urticanti.
Ci affermiamo come sognatori a tutto spiano, per assumere della solidarietà giocoforza, sulla sorte di ogni gesto compiuto senza più considerare l’affabulazione sociale.
Impressiona il fatto d’incontrarci, d’incassare una bella sensazione e niente più, tra le torri formate di proprie concezioni che vanno rimesse in ballo, che si custodiscono per non dare la benché minima idea di fragilità ai passanti non ancora preda della coscienza civile.
La scintilla scocca nell’ingordigia a seguito di un’alimentazione derivata, che inconsapevolmente determina l’agio per chi ci sorprende volendo il nostro male, che si comunichi fino all’inabilità di un consenso.
La positività va ripescata nella logica effervescente di chi si rende conto, creando, di doversi controllare per migliorare l’ispirazione, a fronte di normali diavoli che non vanno oltre, non potendo fare altro che stare dietro alle relazioni sociali del “giusto per”.
Dalle forme d’abbandono strappi le notizie sull’intoccabile, spartibili tra figure che suggestionano, col pallino del profitto che non rimbalza più; che per esporsi non si levano più di dosso uno stucchevole profumo di sacralità, senza contare te che pensi fregandotene del dono della parola, come se tenessi in pugno la situazione emotiva dell’invidioso.
Soprattutto per elemosinare ci vuole calma e sangue freddo dunque; avendo a che fare con frammenti di un Pil sbattuto per terra e in scenari di guerra invisibile.
Con una ricerca scientifica, rinunciabile data l’ingratitudine che l’opinione pubblica raffina all’insana proroga dei termini immateriali.
La correttezza è costituita da prodotti finiti che si allineano quasi in automatico, e se li superi la sperimentazione diviene nient’altro che un azzardo, specie per una questione di amorosi sensi, che se la sfiori complichi la similitudine dei contatti fatali, dovendo comprovare inoltre ancora una volta dichiarazioni di nuovo, bellicoso, globale intento, che relegano le nuove generazioni alla spettacolare implosione comunicativa, a finalizzare anomale dissolvenze; con la dimensione terrena a offuscare gli approcci passionali, in fondo dolci.
Una lista di sconfitte è in memoria, ma l’inventiva è fortemente in gioco per riaprire la parola e riammettere forme di libertà, stando a delle penitenze tutte da riscoprire appieno per stare insieme e riuscire in extremis a figurare in un modo o nell’altro.
Il desiderio di percepire un attestato di stima appartiene alla funzionalità dell’organismo, rigenerante scelte da fare assolutamente, varcando l’assurdo presenzialismo che smuove quasi la normalità dei diritti non ancora assicurata, per il bene del domani, per far sì che si assista alla nostra venuta al mondo, non disponendo dell’efficacia di un rimedio qual è stabilirsi tra le riflessioni, con l’opportunità di essere presi come buon esempio, in movimento, scambiata con la necessità di farsi giustizia da sé per incorniciarsi e curarsi di una fonte d’energia primaria, incondizionata, irraggiungibile; sapendo d’essere così offesi da scatenare l’incomprensione.
Rispolverando il pudore, preservabile dal vorticismo sessuale, s’indietreggia e ci si debella in generale; non abbiamo più il tempo di custodire personali possedimenti, negli affetti di un anziano che la sa lunga, che aspetta come un regalo l’aggressiva indifferenza, facendo in tempo a prendere lezioni di fede per insegnare alla gente come protestare in riguardo alle promesse non mantenute per sopravvivere.
Agiamo elevando giovinastri che soffrono il benché minimo posto di lavoro, con la probabilità di diffondere un qualcosa di veritiero, tutta da rivedere.
E’ come se avessimo il potere di selezionare respiri per mettere in atto l’inconsapevolezza, per far tornare serene le dismissioni di beni difettosi.
Incuriositi dai riverberi di un’eternità non proprio originale ma che ci fa tornare in auge prima che si levi il Sole; ripristinando, anche se desolatamente, la voglia di fare.
Sfruttando il benestare per intensificarci al di sotto delle nostre capacità, in mezzo alle primizie di una intercessione teorica bella che interrotta, non possiamo non dare conto del curriculum di una persona cara, ma con la sapienza ridimensionata dai compromessi e sempre più disonorevole, lungi dall’appurare delle conoscenze velocemente.
Ed è così che t’imprigiono cercando di raccogliere le mie forze, cullati da una libertà sognata e che segna in positivo il pianeta Terra, l’incisione di cui fa mostra il disperato, quando la sensibilizzazione si contorce linguisticamente e si stringono le doti morali.
Abbiamo liquidato la violenza ottenuta per galleggiarci, prossimi all’ovvietà; affidabili ma pur sempre tormentati, immaginiamo a sorpresa d’incontrarci sull’animo di ghiaccio del derelitto che implora la sua passione; di spegnerci per sentirci nello stesso livello, trafitti da proiettili mentali partiti d’armi caotiche, per morire di una dignità accantonata, nell’omertà da fare esplodere.
Credendo di maturare materialmente, la vista è tutta per noi; ma i poteri disintegrati ci distolgono dalle tragedie di una fantasia che procede per i fatti suoi.
T’invito ad accarezzare la dinamicità del virtuosismo, anonima e ingrigita, dato che non siamo in grado di riequilibrare la nostra utilità scorgendo nel passato l’attitudine da rendere edificante.
V’è una povertà assonnata, da solleticare, anche atteggiandoci come psicoterapeuti, dialogando alla luce di un sentimento, offuscata logicamente, da oggetti che non si rompono ma deteriorano l’autostima, essiccandoci nel ricreare un obiettivo.
Si diventa ricchi solo raccomandando su ciò ch’è sinonimo di assiduo coinvolgimento, nella quiete delimitata dall’istinto animale.
Ma la decisione di assorbire poesia è stata presa aldilà del tempo che misuri in diverse situazioni, che mi passa sulla pelle.
E intanto, toccandomi tra le tue volontà, non fai altro che scartare le mie generalità.
Delle più svariate direzioni da prendere non ce ne importa granché, come se immersi in un sonno d’intelletto disturbato nemmeno dalla tumultuosa rianimazione della fortuna ch’evidenzia freni e vulnerabilità.
Tra i dubbi insiti al denaro, si rimane bloccati ad ascoltare l’inaccessibilità di un potenziale non spartibile e dunque sfaldabile, essendo peraltro improponibile il compito di catalogare quanto ricavato lavorandoci, per andare incontro a un bisogno di svago che opprime, sempre più tendenzioso.
Pieni di macchie d’opportunismo, tocchiamo il punto più basso della nostra formazione ridestando solamente attribuzioni irriguardose, auspicando beneficenza mai del tutto tollerabile, con l’affetto d’accertare in un cenno di capo trasognante per vittorie da cogliere tralasciando quelle precedenti, da dichiarare col piacere d’esistere.
Invece ci addentriamo in allegorie spasmodiche, su cui si dovrebbe contare parzialmente per dare agio a ciò che si prova per individui che si destreggiano tra i buoni propositi; senza curarci di quella rinfrancante autorevolezza nello svilupparsi irragionevolmente, che assumiamo a causa di civiltà storicamente spiazzanti. 
Donandoci all’umanità dipingiamo delle vergogne lecitamente trasmissibili; potendo risiedere in un posto stilizzato unicamente per cambiare discorso, ma dovendo svoltare con quel coraggio alla fine dei fatti invidiato, di non trasparire per consuetudine, per venire a conoscenza di dritte per un quieto vivere, a danno di chi dobbiamo piuttosto ringraziare.
Deve tornare naturale un azzardo vitale per ritenersi forti e stimolanti; inquadrando la digeribilità delle proprie, sincere abbondanze, per mirare il destino lontano una storia inventata da piccoli, pubblicata così perfettamente da perdersi l’incanto di un Sole che squarcia le nuvole, e divenire appassionate prede di un commento generico sul dramma più noioso.



BIOGRAFIA

Vincenzo Calò è nato a Francavilla Fontana (Brindisi) nell’82. Diplomatosi come ragioniere, ha al suo attivo molti riconoscimenti letterari. Nel 2011 ha pubblicato una raccolta di poemetti dal titolo “C’è da giurare che siamo veri…” per Albatros/Il Filo Editore, nel 2014 la silloge “In un bene impacchettato male” grazie alla deComporre Edizioni, e da poco “Storia di un alito di puzzola”, una raccolta ipercontemporanea di versi anch’essa, per la Winx Edizioni ( ordinatela pure scrivendo a info@davidandmatthaus.it ! ). In campo pseudogiornalistico cura diversi servizi promozionali tra arte, cultura e filosofia spicciola; collabora principalmente col periodico romano “L’Attualità”, la testata online “Roma Capitale Magazine” e nel tempo libero con un blog, “Suoni del Silenzio”, opera del cantautore Antonio Di Lena, dedicato ad artisti originali sul serio, e quindi emarginati, giacché intolleranti alle solite produzioni promosse dai media italiani. Si è cimentato in rappresentazioni teatrali e musicali; ha partecipato come comparsa a due cortometraggi; assieme al primo responsabile dell’ass. socio/culturale Koinòs, Antonio Maria Karelias Ferriero, si espone su YouTube con la serie “Cazzeggiando in sospensione”, curando un laboratorio (sperimentale) psico/culturale; e, sempre per conto della Koinòs, è l’artefice della Poesaggistica, più nello specifico di “All’anima di… Francavilla!”: trattasi di una “passeggiata col poeta”, per le vie del suo paese d’origine, per mezzo della quale ripropone tutto ciò che gli frulla da una vita nella testa, condizionato dal contesto urbano, purché ascoltato da concittadini e turisti davvero curiosi. Inoltre ha anche contribuito alla sceneggiatura di un film non ancora prodotto, ed è l’amministratore del gruppo fb di “Reading Mania”: un’occasione come poche per essere presi in considerazione al fine di organizzare reading letterari, con la partecipazione di vari scrittori a singoli e singolari eventi.

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